UN GIORNO DA ITALIANI il film di Gabriele Salvatores. Fuori Concorso a Venezia 71

C’è qualcosa che stride nell’operazione, ricca evidentemente di ottime intenzioni, messa insieme da Gabriele Salvatores nel suo documentario Un giorno da italiani.

Prodotta da Ridley Scott la pellicola è la risposta italiana al più celebre esperimento Life in a day già presentato al Sundance Film Festival nel 2011. Salvatores e il suo team hanno visionato quasi 45.000 filmati, più o meno amatoriali, per selezionare quelli che hanno composto i 75 minuti di film che raccontano le 24 ore di un giorno come tanti (il 26 ottobre del 2013) visto dagli italiani.

L’esperimento è senza dubbio interessante e alcune delle testimonianze davvero toccanti eppure il bersaglio non è centrato.

Se il lavoro di montaggio ad opera di Massimo Fiocchi e Chiara Grizzotti che incornicia nascite, malattie, lavoro, amore, solitudine, amicizia e tutto ciò di cui è fatta la vita di ciascuno di noi è impeccabile, è l’altrettanta disinvoltura con cui i protagonisti si mostrano davanti e dietro l’obbiettivo “amatoriale” a restituire un’impressione di scarsa genuinità.

Se una decina di anni fa l’operazione avrebbe potuto essere rivoluzionaria ed esaltante, nell’era di youtube, dei vlog e dei social network è l’eccessiva consapevolezza di essere guardati da un obbiettivo e il desiderio di dire o fare la cosa giusta nel migliore dei modi possibile a rendere alcuni dei segmenti di Un giorno da italiani fastidiosamente artificiosi.

La ragazza col pancione che fa ginnastica “sorpresa” dal fidanzato con un anello di fidanzamento non si scompone, il trentacinquenne che ha scelto di far crescere la sua famiglia nella natura come atto rivoluzionario è fin troppo convinto, la coppia di papà gay nel prato con la figlioletta un po’ troppo politicamente corretta e l’astronauta Luca Parmitano che si scalda le lasagne in assenza di gravità è talmente giusta da sembrare lo script di uno spot pubblicitario.

Rimane tuttavia un buon margine di inconsapevolezza che commuove sinceramente impersonato da chi appunto non si cura troppo dell’obbiettivo aperto, come il neo papà sopraffatto dalle emozioni che stringe al petto il figlioletto o l’anziana donna che non ricorda quanti figli ha avuto e come si chiamino.

È comunque necessario nel compiere una valutazione critica segnalare che il film, che il pubblico del Festival ha mostrato di apprezzare, ha come detto in apertura delle ottime intenzioni che arrivano a far vibrare corde di sincera commozione e immedesimazione e che richiamano alla memoria le immagini e le suggestioni di un’altra fotografia dell’Italia di oggi come l’ottimo Sacro Gra di Gianfranco Rosi che giusto un anno fa si guadagnava la Coppa Volpi.

Un giorno da italiani sarà nei cinema solo il 23 settembre per poi essere trasmesso in tv su Rai3 il 27.

 

Caterina Liverani

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