GOOD KILL, in Concorso a Venezia 71

 

Ethan Hawke ed il regista Andrew Niccol di nuvo insieme, dopo Gattaca e Lord of war, con Good Kill presentato in concorso nella categoria ufficiale.

Tommy è un pilota che invece di volare è costretto giorno dopo giorno a manovrare complicati ordigni, che fanno saltare in aria la gente nello Yemen e in Afganistan, da dentro un container di una base militare di Las Vegas. Logorato dal suo incarico e frustrato dall’impossibilità di tornare a volare Tommy caduto nella spirale dell’alcool rischia di mettere in serio pericolo il rapporto con la moglie (January Jones) e con i figli.

Accolto piuttosto freddamente da chi ha ritenuto che volesse raccontare un militarismo spinto all’estremo ricorrente in certo cinema americano post 11 settembre ma riconosciuto come stilisticamente molto efficace, Good Kill è la prima pellicola mai realizzata sulla guerra al terrorismo attraverso i droni.

Partendo con l’ottimo proposito di raccontare la crisi d’identità di un militare costretto a combattere una guerra con dei mezzi nuovi e ancora parzialmente sconosciuti, il film vira purtroppo nel suo svolgersi in soluzioni prevedibili ed eccessivamente semplicistiche che ne fanno perdere il buon mordente iniziale.

Eccellente la prova di Ethan Hawke che sviluppa un personaggio maturo e complesso confermandosi ancora una volta interprete dai molti registri e rinnovando l’alchimia con Niccol iniziata con Gattaca.

 

Ecco come Niccol ha raccontato la realizzazione del film durante la conferenza stampa veneziana:

 

“Ad attirarmi è stata la natura schizofrenica di questo tipo di guerra. Non era mai successo che qualcuno come il personaggio interpretato da Etha, combattesse i talebani per 12 ore per poi tornare a casa dalla moglie e dai figli. La realizzazione non è stata semplice perché ovviamente non abbiamo avuto sostegno da parte dell’esercito (il dipartimento della difesa degli Stati Uniti ha cordialmente rifiutato il nostro invito a collaborare).

Mi sono impegnato a non schierarmi ma a raccontare i fatti. Lo definirei un racconto prudente, anche per ciò che riguarda la perdita di sensibilità alla violenza da parte di chi si trova a manovrare i droni”

 

Ethan Hawke: Non credo ci sia al mondo un essere umano tanto insensibile da combattere la guerra attraverso i droni senza rimanerne fortemente coinvolto. Il mio personaggio vuole mettere a repentaglio la propria vita per servire il suo paese, ma non essendo direttamente in pericolo comincia a sentirsi un codardo, perdendo la sensazione di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. È la situazione caotica che si viene a creare nella sua mente che io trovo molto interessante.

 

 

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