Le dernier coup de marteau di Alix Delaporte. In Concorso a Venezia 71

Victor ha 14 anni e troppi problemi. Sua mamma con cui vive in una casa mobile vicina al mare è malata e sembra volersi arrendere, una società di calcio gli ha offerto un importante ingaggio che non si sente libero di accettare, i soldi scarseggiano e ha per la prima volta conosciuto suo padre, celebre e scontroso direttore d’orchestra.

Un cinema prezioso e ristoratore quello di Alix Delaporte che ha presentato in Concorso il suo secondo lungometraggio Le dernier coup de marteau, pellicola che sembra chiudere il cerchio sul tema della genitorialità che quest’anno è stato uno dei fili conduttori del Festival.

Raccontando il frangente complicato della vita di un adolescente Delaporte riesce a distinguersi per semplicità narrativa e rigore e a porsi al fianco di altre pellicole europee, come Sister, Tomboy e Giovane e bella che hanno ugualmente recentemente riflettuto il tema della crescita e dei rapporti familiari.

La macchina da presa segue letteralmente passo per passo la vita di Victor e il suo rincorrere il tempo alla ricerca di soluzioni e possibilità attraverso le quali mantenere un equilibrio nella sua vita, regalando una sensazione di immediatezza e immedesimazione che commuovono e al contempo sollevano.

È proprio Victor, una volta acquisita familiarità con un padre burbero ma giusto che gli insegna a conoscere ed apprezzare la musica di Gustav Mahler e al quale scopre di somigliare molto, a ricordarci che affaticarsi per cercare una soluzione e una visione del futuro è impossibile e che gli eventi, come le note, vanno fatti scorrere senza anticiparli.

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